Vivo e provengo da una città in tutto e per tutto esagerata, estrema, irascibile, imprevedibile, profonda e ribelle.
Una città che più volte è stata descritta come una donna capricciosa e lunatica.
Non so trovare aggettivi migliori e giri di parole per descriverla, altri lo hanno fatto molto meglio di me.
Non si può vivere in questa lontana lingua del nord est senza esserne rapiti, nel bene e nel male, dalle follie di un clima che non risponde più a logica.
Ieri +15°, una pioggia che leccava i pensieri più nascosti della testa e li faceva uscire, un caldino appiccicoso e, decisamente, fuori tempo massimo. Il cielo che, prima di diventare un coperchio plumbeo e pesante d’acqua e di umidità, ha regalato una tavolozza commovente di colori e di forme. Un cielo liquido e incollato alla volta celeste che poi si è ammassato, d’un colpo, sulla terra.
Stamane, poco a poco, ha preso a respirare la bora. Dolcemente, come una carezza.
Noi triestini, salvo pochi detrattori, l’amiamo profondamente. E’ come se il vento ci liberasse l’animo da tutto quello che per noi è fardello doloroso e pesante.
Ma la bora è come il destino, imprevedibile, e con il farsi delle ore, ha preso forza, ha mostrato i muscoli, ha gonfiato i polmoni rilasciando, in refoli devastanti, tutta la sua possente bellezza.
E fin qui, “poesia”.
Adesso però, mi chiedo come riuscirò a stare in piedi, su due ruote, senza farmi travolgere. Adesso che devo iniziare la parte “privata” della mia giornata, alla quale non voglio rinunciare perchè la Signora Bora ha deciso di far saltare il rivestimento dei tetti, le persiane mal chiuse, i fiori sui balconi.
Ma il bello dell’amore è anche questo: sopportare il fastidio e minimizzare la sofferenza…
[STICAZZI]
Pimpra
IMAGE CREDIT: PIMPRA_TS
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