DI TANTO IN TANGO. Tutto quello che una tanguera desidera e non ha mai osato chiedere.

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Ripenso all’ultima milonga di domenica scorsa e, a distanza di una settimana, affiora con maggiore chiarezza una nota stonata, una piccola sbavatura, in una serata che, lo ripeto, è stata deliziosa.

Ecco che mi e venuta voglia, per la prima volta, di mettere nero su bianco, il mio personale elenco di “desiderata”, ovvero, quello che mi aspetto in milonga, e non ho mai osato chiedere.

Dopo i miei primi 10 anni di tango, posso finalmente affermare che tipo di ballerina sono, oramai conosco bene i miei colori, i miei pro, i miei contro. In fondo la danza altro non è che uno degli specchi possibili in cui far affiorare la nostra personalità e, nel tango argentino, questa si manifesta in tutta la sua prorompente intensità e verità.

Avuta la prova provata che sono una donna dal carattere impetuoso, forte, dall’energia dirompente, a volte difficile da tenere “imbrigliata”, è facile immaginare cosa mi possa aspettare dal temerario che voglia cingermi nel suo abbraccio.

Partiamo dall’abbraccio.

Il mio “deve essere”. Ovvero voglio sentire il tocco, il contatto. Troppe volte incontro danzatori eterei, quasi “distaccati”, timorosi e autoreferenziali. Questo il messaggio che mi arriva da chi ha paura del “tocco”. Non significa che desidero essere stretta, intrappolata, chiusa, bloccata.

Ricordo perfettamente quando, in Argentina, qualche anno addietro, il maesto mi disse “Abbracciami”. Rimasi choccata perché, una delle mie peculiarità riconosciute era proprio quella di avere un abbraccio confortevole ed accogliente. Forse per i freddi ballerini del Nord Est, nella patria del tango, come donna, dovevo abbracciare, darmi di più e, confesso, all’inizio è stato difficile, come essere denudata, senza protezione. A poco a poco, ho capito, ho sentito, e ho appreso ad “abbracciare”. Ci vuole coraggio. Quello di mettersi inn gioco fino in fondo, ma è una gran bella scoperta quello che poi torna indietro.

La musicalità.
Sembra banale, ma, ahimè, non lo è. La musica va ascoltata, con le orecchie, il cuore, la pancia, la testa. Cosa può uscire, altrimenti, nel dialogo a due che è un tango?

Accade che il partner non conosca il brano specifico, ma dove sta il problema? Certo se Lui immagina una performance di passi semi coreografati, evidentemente si troverà in difficoltà, ma che dico, sarà nel panico più assoluto. Ma è tango questo? Ballare su blocchi di passi precostituiti, memorizzati dentro un cervello di cemento armato? … non direi….

Le piu belle tandas mi sono arrivate quando c’era questa inconsapevolezza perché, l’uomo, in detta circostanza, non si è preoccupato di “cosa fare” ma “con chi stava ballando”. Ha cercato maggiormente il dialogo, come a condividere un’esperienza nuova, scoprendo un territorio inesplorato insieme alla sua partner. Meno passi, meno performance, ma maggiore intimità, ricerca nel sentire. Devo dire che si trattava di ballerini esperti e consapevoli.

La connessione o empatia.
Noi donne, per ruolo, siamo abituate a farlo (o dovremmo ), entrare in connessione profonda con il ballerino, comprendere la guida, i movimenti che il suo corpo suggerisce. Non è solo una storia di mera “esecuzione”, secondo me, si tratta di entrare in sintonia profonda. Come ascolta il brano? Cosa desidera ballare? Quali sono le sfumature che sta cercando?

Tutto quello che le follower normalmente fanno, lo aspetto anche dal partner. La connessione passa anche e, aggiungo, soprattutto, nel feeling sottile con il “sentire” fisico e psicologico dell’altro. Ecco che, per una ballerina dalle mie caratteristiche, diventa tutto più stimolante, un dialogo e una ricerca insieme all’altro, un gioco ed uno scambio profondo, una domanda e una risposta, un io e un tu che si sentono, comunicano e giocano con le proposte di ruolo.

Probabilmente questo è l’aspettopiù  complesso di tutta la faccenda e richiede anni di studio, la tecnica aiuta alla declinazione delle personali sfumature del proprio ballo. Trovare, in milonga, un ballerino che abbia voglia di “cercare” quella donna che si esprime danzando, richiede, effettivamente, oltre a un’attitudine mentale e una rara disponibilità, anche moltissima esperienza. Ore ed ore trascorse sulla pista a sperimentare e a sperimentarsi.

Che pippolotto, probabilmente con un sacco di luoghi comuni, cose trite e ritrite, ma che mi importa. In fondo ad ognuno/a il suo tango, la sua ricerca.

Quello che vorrei per tutti è la curiosità di andare verso l’altro,perché  non si balla da soli, si è in due.

AMEN.

Pimpra

image credit: Claudio Visentin

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27 commenti

  1. Non so ballare e non so capire e apprezzare molte delle cose che dici, a parte forse una, la prima, la potenza dell’abbraccio. L’abbraccio è una delle cose che apprezzo di più, sia dare sia ricevere. E non è così ovvio saper abbracciare. Anche con le persone più care, con gli amici di una vita, non sempre è potente, caloroso, pieno di dono, pieno di dare e di ricevere. C’è stata nella mia vita una persona con cui ciò è stato vero al 100%, quasi più potente del fare all’amore. Poi, non so perché, non è capitato mai più così intero e totalizzante.

    Scusa, anch’io ho scritto un gran pippolone…

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  2. Stefano Cucchi

     /  18 febbraio 2016

    Amen! Bellissimo articolo e grazie per aver condiviso la tua esperienza. Ballo da ottobre 2013 e negli ultimi mesi sono andato proprio alla ricerca di cosa le donne desiderano nel tango. Sono convinto che per una tanga bella o “maggica”, così come nella vita e nel rapporto di coppia, sia fondamentale capire l’altro/a, entrare nel suo mondo e focalizzarsi sul dare reciproco, che genera di conseguenza il ricevere.

    Così nelle mie ricerche ho trovato un articolo in inglese: What women want. L’ho tradotto e pubblicato su Raccontango: http://www.raccontango.com/2016/02/cosa-vogliono-le-donne-nel-tango.html

    A rileggerti! Un fuerte abrazo

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  3. Non vedo l’ora di ballare ancora con te 🙂 come sempre

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  4. Ehi, è il mio blog! 😀 Stefano è stato il primo guest post sul mio blog: Pimpra, sei ufficialmente invitata a scriverne uno anche tu, se ti fa piacere. E spero di incontrarti presto al Contatto!

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  5. alessandro di ventura

     /  18 febbraio 2016

    Sono il marito di una tanguera e utilizzo il suo account per risponderti.
    Come tu immagini debba essere il tuo ballerino ideale del tango, altrettanto devi immaginare che il tanguero che invita sistematicamente in tutte le milonghe, si trova a ballare con una tipologia svariata di ballerine che si differenziano per esperienza, bravura, sensibilità, docilità,
    immaginazione, ecc. e la sua bravura personale si misura (partendo comunque dai suoi limiti) sulla capacità di adattarsi in pochissimo tempo alle caratteristiche della ballerina che cinge in abbraccio in quel momento. Quindi è naturale che non sempre si possa raggiungere l’apice di gradimento atteso ed è proprio questo il bello, perchè quando succede, la soddisfazione e l’autostima personale sono enormi. Per quanto mi riguarda il massimo piacere lo provo (tango a parte) quando alla fine della tanda la ballerina mi sorride e leggo proprio nei suoi occhi la riconoscenza che mi vuole esprimere. E questo mi succede nella quasi totalità dei casi.

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    • Benvenuto Alessandro! Certo che la sublimazione del tango nella sua sfumatura più alta è cosa rara e va bene così, ci permette di godere al massimo del momento. Se tu sei un ballerino di connessione, di abbraccio, di musicalità e ricerca l’adattamento alla partner allo stesso modo che fa lei, non ho dubbio alcuno tu sia un gran ballerino! Spero di incontrarti in pista!

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  6. Fedifrago ®

     /  19 febbraio 2016

    Leggendo sino alla fine con attenzione, mi sono reso conto che il tango altro non è che la metafora della vita.

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  7. Rosanna

     /  23 febbraio 2016

    Molto bello l’articolo e sorpresa piacevole, mi sono riconosciuta nella foto,e’ stata scattata da un mio amico nel 2013 in una milonga romana,ma voi come l’avete avuta?😊

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  8. roberta

     /  19 febbraio 2017

    Condivido in pieno !!! E’ una conversazione…non può mai essere …meccanica !!! Grande Pimpra

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