TEMPI MODERNI

colloquio-lavoro

Volente o nolente, la vita va avanti ed anche io, con la tristezza nel cuore, mi sono rimessa nel flusso delle cose.

Oggi una nuova esperienza. Ho fatto il commissario d’esame a un concorso pubblico.

La mia prima volta ed è stato alquanto curioso ritrovarsi dall’altra parte del tavolo.

I candidati, per la maggior parte donne, mi hanno offerto un interessante spunto di riflessione.

Ricordo che, ai miei tempi, quando si affrontava un esame (parlo di università) o l’orale di un concorso o un colloquio di lavoro, ci si presentava alla commissione vestiti in un certo modo, non precisamente da gita, nè, tantomeno, da sera. Un mix equilibrato di rigore ed “eleganza” adatto alla circostanza.

Poche volte, specie in età adulta, ho visto i miei colleghi presentarsi in jeans e maglietta sdrucita o in maglione informe, con scarpe da ginnastica sporche ecc.

Ai miei tempi, evidentemente, la forma manifestava rispetto verso la circostanza.

Stamani, mentre mi preparavo, benchè dall’altra parte della barricata, ho applicato lo stesso antico principio, scegliendo un abito formale, da lavoro.

Quale sorpresa nel vedere i partecipanti che di tutto si sono occupati, meno che del loro aspetto, presentandosi con chiome allo sbaraglio, abiti indefiniti, in un mix di elementi, assolutamente casuali e, francamente, orribili.

I tempi cambiano, è evidente.

Dall’altro lato, invece, ho potuto apprezzare i diversi risvolti che l’atteggiamento che teniamo nel corso di un’intervista, provoca sulla nostra audience.

La teoria l’ho masticata più volte, la pratica mi ha vista – di norma – essere soggetto attivo quindi mi è sempre mancato il punto di vista dell’osservatore non attivo, di quello a cui ci si rivolge.

Non potete capire quante cose ci raccontano i movimenti che facciamo con il corpo, quelli di cui non ci rendiamo conto, quanto uno sguardo aperto, possibilmente sorridente, provochi immediata empatia al soggetto al quale è rivolto, come i movimenti di mani, occhi, labbra, la postura del corpo parlino del nostro stato emotivo, raccontando tutta la verità. Anche quella che vorremmo celare.

Così mi sono dilettata a prendere i miei appunti mentali, ad osservare come la società muta velocemente, come tutti, all’improvviso abbiamo atteggiamenti e credenze sorpassati e che per stare al “passo con i tempi” dobbiamo correre. E correre veloce.

Ecco, così, per dire…

Pimpra

 

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14 commenti

  1. Fedifrago ®

     /  20 ottobre 2015

    Come dico sempre ai miei agenti, l’abbigliamento è una forma di rispetto ed indice di professionalità; posto che le infradito mi fanno rizzare i peli sulle braccia anche nel tempo libero, bisogna sapersi adeguare alle occasioni.
    Quanto al “linguaggio del corpo” sono talmente abituato ad osservarlo ed utilizzarlo che orami mi riesce del tutto spontaneo e naturale ….saper rafforzare con la postura e con i gesti quanto si dica a volte è essenziale per un buon risultato; però a volte mi diverto anche a destabilizzare i miei interlocutori (spesso lo faccio quando seleziono nuovi agenti) con atteggiamenti contrastanti 😛

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  2. prima si cambiavano anche per andare a cena o si mettevano il cappello per uscire. Noi siamo state educate a vestirsi bene per la messa ed era ed e’ una forma di rispetto per se stessi e per gli altri.
    Ora vengono a lezione in pigiama o con le ciabatte..rosa di hello kitty (vusto io a mit e messa foto su FB). Lo sbraco e’ totale.ma e’ vero che i tempi cambiano.. mio padre ha smesso di mettersi le cravatte verso gli 80 anni.. e ha cominciaot a indossare solo maglioni.. mia nonna faceva il bagno in vasca da bagno con la camiciolina di cotone per coprire le vergogne anche a se stessa..
    Quando mi vedrai arrivare a un concorso con le ciabatte di hello kitty (per ora sono solo andata a scuola con le FIVE FINGERS viola..) significherà che anche io sono evoluta..

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